Santa Margherita

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A ricordo di Don Dino Zacchei (1920 – 2004), ideatore e patrocinatore del monumento a Santa Margherita, da lui tenacemente voluto per celebrare il suo 60esimo anniversario di sacerdozio e 56esimo di servizio pastorale nella parrocchia di San Marco in Villa.

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Il monumento a Santa Margherita da Cortona dell’artista Andrea Roggi, eretto nel sagrato della chiesa di S. Marco in Villa, si inserisce con forza nel panorama dei tesori artistici di Cortona e dell’Arte Italiana sia per tecnica di realizzazione sia per interpretazione artistica della spiritualità margaritiana.

In primo luogo va considerato che si tratta dell’unica statua in bronzo di questa mole: della Santa ad altezza naturale abbiamo solo quella in marmo, a tutti nota, posta nella piazza della Cattedrale di Cortona, ed altre lignee o di gesso. Inoltre bisogna sottolineare, e questo è più importante, che, mentre le altre statue sono di fattura manieristica e devozionale, cioè sono una specie, per così dire, del ritratto della Santa, quella di Andrea Roggi, pur conservando le caratteristiche iconografiche tradizionali (l’abito quadrettato, il famoso “taccolino”, ripreso dalla prima immagine pittorica che abbiamo della Santa, e il cagnolino), è il risultato di una sua personale interpretazione, frutto di una passione e di una sensibilità che, avvalendosi di un’eccezionale capacità tecnica, è riuscita a cogliere e a rappresentare artisticamente la spiritualità di Margherita.

A questo scopo lo scultore si è avvalso da un lato di particolari di per sé abbastanza evidenti: si pensi alla dinamica che esprime la massa del corpo librato verso il Cielo, con i lembi del saio nella parte posteriore affinati nel volo dalla forza del vento, un afflato mistico che viene amplificato dalla posizione mossa dei piedi, nudi, per significare la  volontà di mondarsi da tutto quanto, anche l’oggetto più semplice quale potrebbe essere un paio di umili calzari, può rappresentare un legame con la materia terrena, nonché dalle braccia aperte in segno di totale desiderio di compenetrazione nel Dio della Croce, quella Croce che come una ferita, una ferita di pentimento e di espiazione, in significativa evidenza è rappresentata  nel suo petto. 

Ma il monumento non si limita alla parte bronzea del corpo della Santa e del suo cagnolino, no, si innesta, diventandone parte integrante, sulle figure geometriche di pietra del basamento su cui si erge la scultura, che offrono una lettura meno palese, perché fortemente simbolica, ma non meno significativa, senza le quali la comprensione dell’opera sarebbe del tutto parziale. E queste figure possono essere interpretate in una duplicità di registro: una, se vogliamo, di carattere più circoscritto e inerente alla vicenda biografica della Santa, l’altra a carattere più ampio, di portata universale, senza la quale non si ha vera Arte.

Così il Triangolo alla base del monumento può riportarci con facilità a ricordare i tre luoghi sui quali Margherita ha operato, geograficamente ben individuati e sapientemente espressi dalla superficie ondulata e incisa, quasi a ritrarre realisticamente la natura collinare del territorio su cui Margherita è vissuta: Laviano, Montepulciano, Cortona. Ma possiamo, anzi, dobbiamo leggere con più attenzione, trascendere il sensibile, ed allora si deve osservare che il triangolo è la prima figura piana, la più semplice, perché si costruisce con il minimo di rette; nel nostro caso poi un triangolo equilatero, la forma più perfetta fra i triangoli. E il tri-angolo si sostanzia del mistico numero tre: la triplice natura dell’universo: cielo, terra, uomo; padre, madre, figlio; cristianamente, la Trinità e l’uguaglianza delle tre persone: Padre, Figlio, Spirito Santo.

E su questo fondamento si posa il Cubo, la rappresentazione simbolica della stabilità.

Non è difficile allora pensare all’agiatezza, alla solidità economica del periodo vissuto felicemente da Margherita con il proprio amato, ma il cubo è anche la rappresentazione tangibile della perfezione statica, e quindi della Verità, poiché da qualsiasi prospettiva lo si guardi, non cambia.

Nella Trinità la Verità.

E su questa Verità stabile si poggia la Sfera, che offre un facile richiamo all’intimità interiore di Margherita nell’ultimo periodo di penitenza e di purificazione, ma il cui significato si amplia per identificarsi simbolicamente con la volta del cielo, il mondo, i corpi celesti, il sole, la forma primordiale contenente le possibilità di tutte le altre forme, il movimento ciclico che non ha principio né fine, l’abolizione del tempo e dello spazio: l’eternità.

Trinità, Verità, Eternità.

 

                                                                Rolando Bietolini